Nel 2019 una ricerca commissionata dall’organizzazione britannica ArtFund ha messo nero su bianco un’idea che in tantissimi, in giro per il mondo, cercavano da tempo di trasformare in dato scientifico.
Dal titolo “Calm and collected, Museums and galleries: the UK’s untapped wellbeing resource?” (traduciamola grossomodo come “Calmi e tranquilli, musei e gallerie: fonte di benessere inesplorata per il Regno Unito”, dove si gioca con il doppio significato di “collected” come “tranquilli” ma anche come “collezionati”), lo studio ha evidenziato che la visita ai musei aumenta il senso di benessere individuale.
Di più, questo genere di attività può essere di aiuto nella terapia per curare una serie di condizioni croniche, per esempio malattie neurodegenerative come le forme di demenza senile (Alzheimer su tutti), ma anche forme di depressione e ansia: chi visitava regolarmente un museo, paragonato al gruppo di controllo della ricerca che invece non vi andava, ha visto un generale miglioramento del proprio stato di salute.
Un dato incontrovertibile, anche se non sorprendente: se come noi della redazione siete anche voi degli amanti della cultura o dell’arte, probabilmente avrete sostenuto l’utilità dei musei anche in questo senso da tempi non sospetti. È, del resto, anche la posizione di Motiva, che fin dalla sua fondazione insiste sull’importanza dell’antico e sempre valido motto “mens sana in corpore sano”.
Musei e chiusure: la rivincita del bello
Che ci sia bisogno di arte nelle nostre vite ce lo dimostrano anche i fatti del 2021, quando l’allentamento delle restrizioni legate al Coronavirus ha portato i governi mondiali alla riapertura dei musei più famosi. Nonostante le misure di sicurezza aumentate e l’obbligo di prenotare il proprio biglietto con largo anticipo, si sono create comunque code e i botteghini sono stati spesso alle prese con masse di cittadini appassionati.
Addirittura l’eccesso di pubblico ha creato un piccolo caso ai Musei Vaticani, dove si è parlato apertamente di assembramenti nelle celebri Stanze di Raffaello nel primo weekend di riapertura, lo scorso febbraio.
Un segno preciso del bene che fa la cultura e degli estremi ai quali, anche in buona fede, si arriva pur di stare al cospetto dei grandi capolavori dell’arte (nello specifico, gli affreschi del maestro di Urbino sono stati recentemente restaurati, il che forse giustifica il numero di visitatori accorsi ad apprezzarli).
Errori di valutazione a parte, lo specifico evento ci dimostra che se anche un museo è stato quasi preso d’assalto alla sua prima riapertura, è evidente che il bisogno di cultura non è solo fine a se stesso, ma la cartina al tornasole di una necessità più ampia: quella di un luogo che invita alla meditazione, dagli spazi ampi, i rumori quasi a zero, dove camminare lentamente e in silenzio è incoraggiato (diversamente da quanto succede nel “mondo di fuori”).
Gli spazi museali ci espongono a idee nuove con le quali difficilmente ci confrontiamo nella vita di tutti i giorni, spezzano il ritmo delle giornate tutte uguali fornendoci ispirazione e uno spazio sicuro dove fantasticare. Cosa volere di più per ricaricare le batterie e tornare a centrarsi?